25 anni di fraternità e sorellanza a Catania

23 Giu 2015 | Bacheca, News

Riceviamo dai Fratelli dell’Elpìs di Catania – attraverso il consigliere Filippo Natoli – e volentieri pubblichiamo

25-anni-fratelli-elpis-catania

25 anni di cammino nella Speranza

Rinnovamento e prospettive da un dialogo con una Chiesa sempre più pronta all’ascolto.

In occasione del venticinquesimo anniversario dalla nascita dei Fratelli dell’Elpìs, gruppo parrocchiale di omosessuali credenti, si è tenuta a Catania, presso la parrocchia Crocifisso della Buona Morte, una conferenza dal titolo “Omosessualità: dall’accoglienza al riconoscimento?”, che ha visto la presenza dell’Arcivescovo Metropolita di Catania Salvatore Gristina, Sua Eccellenza mons. Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina, dei biblisti don Antonino La Manna e don Carmelo Raspa, del docente di teologia morale don Vittorio Rocca e il contributo di Filippo Natoli, rappresentante di Elpìs.

Fra gli ospiti, anche la presenza dei rappresentati di Ali d’Aquila (gruppo di omosessuali credenti palermitano), e delle associazioni laiche LILA e Queer As Unict.

Due sono i cammini che in questo convegno hanno trovato un trait d’union, d’arrivo e (si spera) di partenza: il primo, nato per caso nel triennio fra il 1987 e il 1989 a Modica (RG) con l’allora giovane presbitero don Gisana e proseguito a Catania, presso la parrocchia Crocifisso della Buona Morte, con l’accompagnamento sapiente del parroco don Giuseppe Gliozzo. L’altro, iniziato tre anni addietro con la visita pastorale di Sua Ecc. Mons. S. Gristina, conclusasi proprio con l’incontro con due delle realtà più caratteristiche della parrocchia: i Fratelli dell’Elpìs e le prostitute ed i transessuali del quartiere San Berillo. Una congiunzione che non poteva mancar di produrre un tavolo di lavoro come quello “apparecchiato” per l’occasione, che ha visto protagonisti l’uomo, l’amore e l’eros nella costruzione di una coscienza nuova.

Molto articolata e puntuale la discettazione “L’omosessualità nella Scrittura” opera di don La Manna, per evidenziare le erronee interpretazioni date nei secoli al testo biblico in materia di sessualità, tanto eterosessuale quanto omosessuale. Da Sodoma, alla Lettera ai Romani, passando per il Levitico, rileggendo alla luce della moderna esegesi il pensiero dei redattori per concludere, con le parole dell’Apostolo Paolo, come la legge farisaicamente osservata, priva della misericordia di Cristo, possa divenire essa stessa fonte di superbia, ingiustizia, prevaricazione e violenza tanto rimproverate dalle Scritture. Una relazione che, per citare le parole del moderatore don Carmelo Raspa, ci fa capire come «sappiamo poco sulle scritture e le conosciamo poco».

Altro profondo contributo è stato offerto da don Rocca nella relazione su “Omosessualità e magistero della Chiesa: verso un nuovo modello etico”. Attraverso un’analisi storica della formazione del concetto di “contro natura” e di come la sessualità sia stata per troppo tempo relegata nell’angusto spazio nella mera procreazione, don Rocca è giunto è giunto a proporre una riformulazione etica più coerente sia con gli insegnamenti evangelici, sia con la moderna figura dell’uomo emersa in ambito scientifico: «Per dare dignità anche al rapporto omosessuale, occorre abbandonare il paradigma naturalistico e sostituirlo con un paradigma relazionale che conferisca primato all’autenticità della relazione». Pertanto, non sia più l’atto in sé ad autodeterminarsi come intrinsecamente disordinato, bensì lo spazio relazionale entro cui esso si manifesta, sicché la sua bontà o malizia andranno commisurate alla capacità che esso ha di realizzare una vera comunione interpersonale nel momento in cui si riconosce l’altro non come oggetto, ma come soggetto con cui instaurare un rapporto d’amore, vero fulcro del messaggio evangelico. Solo così una coppia, qualunque essa sia, potrà dirsi davvero feconda nel più profondo significato etico e fideistico.

«Non basta solo dare regole» finisce padre Rocca. «È la persona nella sua integrità che va incontrata e accompagnata». Ed è di questo che si son resi valido esempio mons. Gisana e don Gliozzo: di quell’accoglienza e quella comprensione generatrici di un’autentica e profonda misericordia, la stessa invocata dal profeta Osea e da Gesù quando dissero «misericordia io voglio e non sacrificio».

Sul bisogno di misericordia, di accoglienza e di ascolto amorevole si è mosso anche l’intervento finale di Filippo Natoli dal titolo “Fratelli dell’Elpìs – In qualche posto oltre l’arcobaleno, storia di ordinaria speranza”. Partendo dalla sua esperienza personale di cattolico e di omosessuale, Filippo ha raccontato il disagio dei primi anni, dei sensi di colpa e di quel tentativo costante di reprimere le tendenze giudicate “disordinate” dalla morale e dal magistero, e di come poi sia stato accolto nella comunità parrocchiale guidata da padre Gliozzo e del percorso intrapreso con i Fratelli dell’Elpìs. Riflessione incentrata su una domanda: c’è ancora speranza nella Chiesa? La risposta, a conclusione, sembra essere positiva. C’è ancora motivo di sperare in questa Chiesa sempre meno sorda alle esigenze dell’uomo, pronta a cambiare e rivedere le proprie posizioni alla luce di un dialogo con l’individuo. Dialogo che non può mancare mai di scoprire i volti nuovi delle cose. L’omosessualità non sia più vista come fonte di peccato e di vergogna, ma come dono di vocazione, di sofferenza, di passione, di umanità. Una Chiesa aperta a quell’umanità di cui Dio stesso decise di rivestirsi nella persona del Cristo, umanità gioiosa e tanto libera da cantare, insieme al Salmista: «Ti lodo Signore perché mi hai fatto come cosa stupenda» (Salmo 139,14).

Non è mancato un momento di contestazione, recante i soliti luoghi comuni, ma ben pochi argomenti effettivi, forse dovuti a uno scarso ascolto delle esposizioni.

In ultima analisi non v’era miglior modo di festeggiare un venticinquesimo anniversario, per un gruppo nominato Fratelli dell’Elpìs (cioè “Fratelli della Speranza”) che quello di promuovere un incontro gravido di quelle prospettive d’apertura proprie di una Chiesa in cammino, capace di «dare all’essere umano le cose di cui l’essere umano ha bisogno» (per citare l’intervento di un’uditrice).

Sia quest’opportunità trampolino di lancio per un nuovo cammino pastorale diocesano, più mirato all’ascolto e alla misericordia, secondo le intenzioni del Sommo Pontefice e dell’anno giubilare da egli indetto, incentrato proprio sulla misericordia.

In fine, gli auguri di don Gliozzo, perché nella Chiesa non vi sia più bisogno né dei Fratelli dell’Elpìs né d’altri gruppi simili, ma si raggiunga una comunione fra i fedeli come quella voluta da Cristo, basata sull’amore, la comprensione, il rispetto e la libertà dell’altro.

Luca Campione